Approfondimenti
IL VOLO GERMANWINGS 9525
Tratto dal libro
“Dopo Germanwings: la vita del pilota di linea”
di A. Chialastri, F.Bartoccini, M.Scialanga, A. Cagnoli
Il 24 marzo 2015 il volo Germanwings 9525, effettuato con un Airbus A-320, si è schiantato contro una montagna delle Alpi francesi mentre era in volo da Barcellona a Dusseldorf. Tutti gli occupanti, cioè 144 passeggeri e sei membri di equipaggio, sono deceduti nell’incidente[1].
La causa principale identificata dagli investigatori risiede in un’azione volontaria portata a termine dal copilota, che durante la momentanea assenza del Comandante, recatosi in toilette, si è chiuso in cabina di pilotaggio, non permettendo da quel momento a nessuno di accedervi, e ha condotto l’aereo in una discesa da lui controllata fino all’impatto con il terreno. Le ragioni ipotizzate per questa azione volontaria affondano le loro radici nel disagio mentale del copilota. Al momento dell’incidente, era ufficialmente in cura da un medico che lo aveva giudicato non idoneo al volo, indirizzandolo verso un percorso di recupero presso un ospedale psichiatrico. La sua inidoneità al volo e la prescrizione di percorso terapeutico tuttavia, non furono mai comunicate alla Compagnia.
Altri fattori contributivi, cioè alcune condizioni necessarie, ma non sufficienti allo scatenarsi della dinamica incidentale, sono stati ascritti principalmente alla paura del copilota di perdere la licenza di volo, al suo timore per le conseguenze finanziarie che si sarebbero manifestate in seguito alla perdita del reddito e alla necessità di restituire un mutuo acceso per conseguire i brevetti.
Nel rapporto finale sull’incidente, è stata inoltre evidenziata la mancanza di chiare linee guida nel sistema sanitario tedesco che potessero fornire un riferimento per i medici, al fine di bilanciare esigenze di riservatezza professionale e la tutela del bene pubblico, nel caso in cui quest’ultimo fosse stato messo a repentaglio da comportamenti pericolosi.
Già immediatamente dopo l’impatto emersero i primi sospetti di un incidente dovuto a unlawful interference (che potremmo tradurre con interferenza illecita), una situazione che ha delle implicazioni legali. Poin poiché in questo caso entra direttamente in gioco la magistratura, vi sono state due inchieste parallele, quelle tecnica e quella giudiziaria.
Il Final Report tecnico, cioè la relazione sulle cause di incidente effettuato dal BEA (Bureau d’Enquête Aéronautique), è stato pubblicato il 13 marzo 2016. Nel rapporto finale viene descritta la storia di un volo abbastanza lineare, che si svolge come un qualsiasi volo di linea. Le condizioni meteorologiche erano buone, non vi erano avarie significative che interessavano l’aereo e l’equipaggio aveva riposato adeguatamente prima di prendere servizio.
Durante la fase di crociera, il Comandante si assentò per andare in toilette. Da quel momento, il copilota si chiuse nel cockpit e cominciò a manovrare l’aereo, mantenendo l’autopilota inserito e impostando una discesa continua da livello di volo 380 (altitudine di circa 11.600 metri) fino a terra. Il rateo di discesa non fu eccessivo, ma in linea con una normale discesa che si effettua per andare all’atterraggio. Durante circa venti minuti, il registratore delle voci a bordo rilevò diversi tentativi da parte del resto dell’equipaggio di entrare nel cockpit, battendo anche violentemente contro la porta. La procedura normale di accesso alla cabina di pilotaggio, prevede che chi si trova fuori dal cockpit digiti su un tastierino un dato codice, che comporterà l’attivazione di un avviso acustico. Dall’interno, il pilota ai comandi può sia permettere l’accesso, sia negarlo, agendo su un pannellino che permette la gestione della apertura/chiusura della porta blindata. Tuttavia, nel caso in cui dall’esterno della porta blindata si tema che i piloti siano impossibilitati ad aprire, è possibile digitare un codice di sblocco di emergenza. Dopo un intervallo di 15 secondi, accompagnati da un suono acuto facilmente riconoscibile dentro la cabina di pilotaggio, la porta si sblocca automaticamente per permettere l’accesso a chi ne ha fatto richiesta. Durante questo intervallo però, se il pilota vuole continuare a negare l’accesso dovrà solo agire su un piccolo interruttore che interromperà la sequenza di sblocco di emergenza della porta e manterrà il cockpit inaccessibile.
Il copilota negò l’accesso.
Il centro di controllo radar francese, osservando l’aereo in discesa senza aver ricevuto alcuna autorizzazione, provò a chiamare più volte il volo Germanwings senza però ottenere risposta. Dopo molte chiamate inevase, si decise di allertare un jet militare per monitorare la situazione. Il primo volo militare francese si alzò alle 9.48 ora locale. Il volo Germanwings si era già schiantato da otto minuti in una località di montagna, Prads-Haute-Blèone. Come risultò dall’esame della scatola nera, pochi istanti prima dell’impatto entrarono in funzione gli allarmi di prossimità del terreno.
Nella ricerca delle cause dell’incidente, gli investigatori si concentrarono da subito sui motivi dell’azione volontaria compiuta dal copilota e scandagliarono la sua vita privata e professionale. Ne risultò il ritratto di un ragazzo di ventisette anni che aveva ottenuto le licenze di volo cominciando a volare nel 2008 nella scuola di volo Lufthansa. Durante l’addestramento iniziale, aveva dovuto interrompere il suo iter per un sopraggiunto fenomeno depressivo. Aveva poi ripreso dopo circa otto mesi la sua attività addestrativa, superando l’esame teorico e trasferendosi negli Stati Uniti per continuare la parte pratica. Nel 2011, mentre era ancora allievo pilota, ottenne un contratto comeassistente di volo per circa un anno e mezzo. Nel 2013, finalmente ottenne l’abilitazione a volare sull’Airbus A-320, sul quale al momento dell’incidente, aveva accumulato poco più di cinquecento ore di volo su un’esperienza totale di circa mille ore. Sia durante l’addestramento iniziale, sia durante i controlli professionali periodici cui sono sottoposti periodicamente i piloti, era stato giudicato non solo idoneo, ma superiore alla media. Inoltre, nessun Comandante, né alcun collega di equipaggio con cui aveva volato prima dell’incidente aveva riportato di aver notato qualcosa che lasciasse presagire il suo gesto.
I suoi esami medici avevano invece mostrato qualche neo, poiché era stato inizialmente giudicato idoneo a ricoprire la funzione di copilota, ma poi nell’aprile del 2009 la sua licenza era stata sospesa per motivi medici, a causa di una depressione, che necessitava di essere curata. Il centro medico Lufthansa, sempre nel luglio del 2009, aveva rifiutato la sua richiesta di rinnovo della licenza. Poi, quindici giorni dopo, aveva ottenuto il via libera per un anno, con una annotazione speciale che invitava i futuri medici esaminatori a valutare i motivi per cui era stata emessa la restrizione specifica.
Per conseguire i brevetti, il copilota aveva contratto un mutuo di circa sessantamila euro. Un rifiuto di rinnovo della licenza per motivi medici avrebbe potuto provocare non solo la fine della propria carriera professionale, ma anche problemi finanziari dovuti alla perdita di reddito senza il quale non avrebbe potuto di fatto d restituire alla banca il mutuo. Lufthansa (società presso la quale aveva frequentato l’addestramento per diventare pilota), aveva stipulato per i giovani copiloti con meno di trentacinque anni di età e meno di dieci anni di servizio, un’assicurazione per la perdita dei brevetti. Ma ciò avrebbe consentito al copilota di restituire solo in parte del proprio debito. Da parte sua, egli non aveva contratto alcuna assicurazione privata per tutelarsi contro la perdita del reddito e d’altronde non avrebbe potuto ottenerne alcuna, per via della limitazione che pendeva sulla propria licenza di volo per la parte medica.
Oltre agli esami formali routinari sostenuti per verificare la propria idoneità psico-fisica al volo, il copilota aveva però intrapreso un percorso parallelo con i propri medici curanti per via di una depressione grave che si ripresentava periodicamente durante gli anni. Nell’agosto del 2008, si manifestò una depressione abbastanza forte, senza sintomi psicotici, che spinse il suo medico curante a suggerire un ricovero in una struttura adeguata. Questa condizione richiese anche l’assunzione di farmaci antidepressivi dal gennaio 2009 al luglio 2009, accompagnati da un trattamento psicoterapeutico da gennaio 2009 ad ottobre 2009.
Il terapeuta che lo tenne in cura dichiarò che a luglio del 2009 vi era stato un completo recupero della situazione. Sempre nel luglio 2009, come ricordato, il centro aeromedico Lufthansa aveva rinnovato la licenza con la clausola che se si fossero verificati di nuovo casi di depressione, il permesso di volare gli sarebbe stato negato.
Nel febbraio 2010, lo psicoterapeuta presso il quale era in cura, emise un nuovo certi- ficato nel quale si affermava che grazie alla motivazione e allo spirito di collaborazione del suo paziente si era verificata una remissione dei sintomi precedenti. Sempre durante il 2010, il copilota fece anche domanda di ammissione all’esame mediconegli Stati Uniti, alla FAA Aerospace Medical Certification Division, ma si vide negare il rinnovo per via dei ricorrenti sintomi depressivi. Anzi, la Federal Aviation Administrationgli inviò una lettera in cui si specificava che non poteva concedere questa licenza, elencandone i motivi e richiedendo nel contempo anche i dettagli del percorso psicoterapeutico che aveva intrapreso in Germania. Dopo che il copilota fece tradurre in inglese la propria posizione clinica, secondo quello che emergeva dal rapporto dell’ente aero-medico tedesco, anche il centro americano emise una autorizzazione a volare, di terza classe, ma con la clausola che qualora si fossero ripresentati i sintomi depressivi l’autorizzazione gli sarebbe stata revocata.
Poi, con alterne vicende durante gli esami medici, il copilota continuò a volare. Apparentemente, non vi furono altre limitazioni durante gli anni che vanno dal 2011 al 2015, se si eccettua una breve parentesi che riguardava problemi agli occhi, che non avevano tuttavia un’origine organica.
Arriviamo così al febbraio 2015, quando, circa un mese prima dell’incidente, il copilota ottenne un certificato medico di inabilità temporanea al volo per otto giorni, che però non inoltrò alla propria Compagnia. In questo periodo, il copilota contattò diversi altri medici, i quali confermarono lo stato psicologico alterato e qualcuno tra di essi prescrisse anche l’assunzione di psicofarmaci. Probabilmente, nessun medico era a conoscenza delle diagnosi e delle terapie fornite dagli altri colleghi.
Il 9 marzo 2015, un medico emise un certificato con prescrizione di sospensione della attività lavorativa, con prognosi indefinita, ma anche questo certificato non fu inoltrato alla Compagnia aerea. Il 12 marzo, un altro medico emise un certificato medico con imposizione di sospensione dal lavoro di diciannove giorni, ma per l’ennesima volta, Germanwings non fu avvisata. Nel frattempo, il suo psicoterapeuta continuò a prescrivere antidepressivi, che probabilmente il copilota assunse fino al giorno dell’incidente, avvenuto pochi giorni dopo.
Bibliografia
BEA Bureau d’Enquetes et d’Analyses Final Report accident on 24 March 2015 at Prads-Haute-Bleone (Alpes-de-Haute-Provence-France) to the Airbus A320-211 registred D-AIPX operated by Germanwings.March 2016
[1]Questi fatti sono tratti dal rapporto finale pubblicato dalla BEA nel marzo 2016.